La pace invincibile.
L’educazione emotiva e la lezione di Trasibulo e Mandela.
Prof. Giuseppe Musilli
Presentazione della tavola rotonda sulla pace il 2 ottobre 2025 presso l’aula magna del Bianchini alle ore 17.00. Parteciperanno il Sindaco di Terracina Dott. Francesco Giannetti, il delegato del Vescovo di Latina Don Enrico Scaccia e la Preside Dott.sa Margherita Silvestre.
La pace invincibile non è un’utopia, ma una competenza che possiamo imparare. In un’epoca segnata da conflitti globali e tensioni sociali, la tavola rotonda si propone di esplorare una via nuova: come affrontare le guerre in corso e i conflitti quotidiani attraverso l’educazione emotiva. Non si tratta di cercare soluzioni politiche o diplomatiche o solo di testimoniare la nostra volontà di pace, ma di coltivare quella capacità umana di trasformare lo scontro in incontro, la rabbia in dialogo. L’obiettivo è riflettere su come la pace possa diventare una pratica quotidiana, un’arte che si costruisce a partire dalla consapevolezza di sé e dell’altro.
Questa prospettiva affonda le sue radici in esempi storici straordinari.
Durante la guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), dopo decenni di violenze e la sconfitta di Atene, Sparta impose il governo dei Trenta Tiranni, che immerse la città nel terrore. Eppure, quando tutto sembrava perduto, Trasibulo – esule con un pugno di fedeli – non solo riconquistò la libertà, ma una volta vinto, scelse l’amnistia invece della vendetta. Con quel gesto, Atene ritrovò il respiro della democrazia.
Secoli dopo, Nelson Mandela, di fronte alle ferite dell’apartheid, ha compiuto una scelta analoga: riconciliazione e riparazione, non rivalsa. Entrambi, separati dal tempo ma uniti dalla saggezza, ci insegnano che la pace vera nasce non dall’annientamento del nemico, ma dal coraggio di costruire insieme uno spazio di convivenza.
La loro lezione è più che mai attuale: la pace non è assenza di guerra, né silenzio imposto. È un’abilità emotiva e relazionale che si allena ogni giorno. Ogni conflitto – in famiglia, a scuola, nella società – è mosso dalle stesse emozioni che alimentano le grandi guerre: paura, rabbia, orgoglio, umiliazione. La prima arte della pace è quindi imparare ad ascoltarle e regolarle, per riconoscere ciò che veramente è in gioco: identità, valori, interessi e bisogni.
Solo allora il conflitto smette di essere una minaccia e diventa un’occasione di crescita. Per questo un’educazione alla pace autentica coincide con un’educazione emotiva: significa aiutare bambini, giovani e adulti a dare nome alle emozioni, ad ascoltare senza giudizio, a praticare l’empatia e il riconoscimento reciproco.
Questo può avvenire, ad esempio, attraverso laboratori esperienziali in cui si impara a comunicare i propri sentimenti con parole semplici, o con attività artistiche – come il teatro o la musica – che favoriscono l’espressione e la comprensione delle emozioni. Nelle scuole si possono organizzare incontri di dialogo in cui ognuno ha lo spazio per raccontare come si sente senza interruzioni.
Si possono organizzare giochi di ruolo in tutti i gruppi giovanili o nelle classi, dove si mettono in scena piccoli conflitti e si sperimentano diverse soluzioni; ciò aiuta a sviluppare la flessibilità mentale. Allo stesso modo, promuovere letture condivise di storie che presentano dilemmi morali e punti di vista differenti incoraggia il riconoscimento della complessità dell’altro. L’obiettivo è fare della relazione, anche nella sua inevitabile dimensione conflittuale, un terreno di apprendimento continuo, dove ogni scontro di idee, se gestito con consapevolezza emotiva, può diventare un mattone per costruire una comprensione più profonda e autentica di sé e degli altri.
Infine una parola riguardante la vita pacifica della nostra città. La democrazia impiega l’assemblea dei rappresentanti come strumento cruciale per affrontare i problemi comunitari. Il suo scopo primario è rendere trasparenti gli interessi, i valori e le aspettative di tutte le componenti della società. Un uso efficace di tale assemblea richiede un delicato equilibrio tra la funzione identitaria (che esprime gli interessi e i valori anche dell’opposizione) e l’obiettivo superiore della convivenza pacifica, realizzata attraverso l’ascolto reciproco e la ricerca di soluzioni condivise.
Costruire la pace invincibile significa quindi lavorare non solo sui trattati internazionali o sulle politiche nazionali, ma sui gesti quotidiani di ascolto e rispetto. Trasibulo e Mandela ci hanno mostrato che anche dopo le ferite più profonde la riconciliazione è possibile. A noi spetta il compito di fare della pace non un dono dall’alto, ma un’abilità che nasce dal basso: dalla capacità di abitare le emozioni, di dialogare con le differenze e di costruire, insieme, un futuro comune.

