Lezioni inusuali da una guerra troppo feroce e troppo classica.
Di Giuseppe Musilli
Tito Livio racconta che Terracina, che allora si chiamava Anxur, cadde nelle mani di Roma nel 406 avanti Cristo dopo l’assedio di qualche mese e lo sfondamento delle sue mura difensive.
Il 406 è un anno importante per la storia di Roma. In quell’estate i romani fecero la guerra a tre città diverse assediandole e vincendole con una certa facilità. Ma soprattutto decisero dopo aver conquistato Anxur, la capitale dei Volsci, sia per il grande bottino fatto, sia per la necessità di avere la continua disponibilità di soldati addestrati, di pagare uno stipendio ai soldati. Fino ad allora i soldati lavoravano la terra nelle stagioni invernali e facevano la guerra d’estate. L’introduzione del “soldo” significava avere un esercito stabile, per tutto l’anno, come strumento di potere e di conquista. Significava avere un esercito professionale e fare la guerra come normale attività dello Stato.
Dalla presa di Terracina dunque la storia romana cambia. I romani non si limitano a fare la guerra durante l’estate, contro i loro nemici confinanti come Veio, Fidene o Anxur e per ragioni più o meno occasionali. Pensano di usare la guerra come modalità continua e importante della loro politica.
La guerra porta alla conquista di territori, la conquista di territori porta ricchezze e porta una grande quantità di schiavi. Gli schiavi sono la struttura portante dell’economia antica. Così le guerre faranno grande e ricca Roma. Così per altri 800 anni Roma non farà altro che fare guerre; perché la conquista di territori, di ricchezze e di schiavi rende sempre più potenti e inattaccabili.
Adesso facciamo un lungo volo. Un volo veloce, ma non perdetevi. L’impero romano d’occidente finisce nel quinto secolo dopo Cristo; l’impero romano d’oriente finisce nel 1453 dopo Cristo con la caduta di Costantinopoli. Dopo la fine dell’Impero romano d’Oriente si dice che la civiltà romana sia sopravvissuta con l’impero Russo; Kiev, fondata con il contributo di Costantinopoli, fu considerata la terza Roma, dopo Roma e Costantinopoli appunto. Con gli Zar la capitale di tale impero si spostò a Mosca.
Qualcuno ha suggerito che in qualche modo l’impero degli Zar sia sopravvissuto, anche dopo la fine degli Zar, con l’Unione Sovietica e che la fine dell’Impero Romano sia avvenuta in realtà nel 1989, cioè con la caduta del muro di Berlino. Ma adesso ci troviamo di fronte a un personaggio che molti giornali e televisioni occidentali chiamano Zar e cioè Vladimir Putin. Il quale Putin ha cominciato una guerra contro l’Ucraina che somiglia alle guerre di conquiste territoriali che furono il cuore di tutta la storia di Roma. L’impero romano ancora non è finito dunque?
Ma prima di venire a Putin vorrei raccontare la storia di un altro Vladimir. Questo Vladimir era un moldavo; ha fatto il servizio di leva dell’esercito sovietico ed è stato mandato a combattere in Afghanistan. Come sappiamo i sovietici si ritirarono dall’Afghanistan dopo alcuni anni senza aver concluso molto; e il nostro Vladimir tornò a casa e quando è caduto il muro di Berlino ha preso la sua famiglia ed è venuto in Italia. L’ho conosciuto perché ha fatto da badante a mio suocero e la figlia ha fatto da badante a mia suocera. Vladimir oggi è morto a seguito di un maldestro incidente stradale. Quello che mi ha colpito di Lui è che si adattava a fare tutti i lavori immaginabili, mi ha dipinto la ringhiera del balcone e fatto altri lavoretti domestici. Soprattutto ricordo che prendeva tutti i mobili che noi scartavamo dalle nostre case, li smontava, ne faceva dei pacchi ben strutturati e li mandava nella propria casa in Moldavia dove li montava di nuovo quando tornava, ogni 2/3 anni.
Il soldato Vladimir era entrato in un nuovo tipo di guerra, la guerra dei mercati, la guerra del benessere. Lui e la sua famiglia sono venuti in Italia perché qui c’è il benessere, perché l’occidente è Il luogo in cui il benessere è sul mercato e lo si può comprare con facilità; e se non lo si può comprare si può riutilizzare il benessere scartato da altri che ne hanno comprato uno migliore o solo più recente.
Per avere il benessere dunque non serve più conquistare territori e rifornirsi di schiavi; basta conquistare i mercati con prodotti di alta qualità, prodotti ambiti da tutti gli umani che li acquistano e li consumano. Basta rifornire i mercati di beni sempre nuovi, sempre più avanzati, sempre più a buon mercato per dominare il mondo e vivere nella ricchezza. Tanto è vero che milioni di persone migrano volontariamente dove c’è lavoro e il lavoro produce beni e reddito, che serve per comprare i beni appena prodotti.
E questa nuova guerra ha attirato anche l’Ucraina con i suoi abitanti. Ognuno di noi ha conosciuto qualcuno che viene da quelle terre oggi martoriate perché la guerra dei mercati attira le persone e le trasforma.
Ma torniamo all’altro Vladimir cioè a Putin.
Lui ha cominciato questa guerra come una guerra di conquista del territorio. Ma lo stiamo vedendo qual è l’esito di questa guerra. Per quanto territorio possa conquistare Putin ha perso e perderà la guerra. Perché i territori non servono più; servono i mercati; serve saper rifornire i mercati.
Una guerra fatta come al tempo dei Romani è una guerra perdente in sé. Il benessere sta nei mercati, il benessere sta nella televisione e nei social media, il benessere non è hard e non è territoriale; è un benessere inerente il possesso di beni che in grande misura colpiscono l’immaginario, il sogno.
Questa guerra Putin l’ha persa nel momento in cui il soldato Vladimir. che era stato in Afghanistan, ha scelto di venire in Italia con moglie e figli, pur conservando una casa in Moldavia, allo scopo di lavorare e guadagnare, e comprare beni di mercato che gli assicurassero una vita più decente e piena di sogni.
Oggi le guerre come le intende Putin si fanno solo in paesi arretrati. Gli americani dopo un trentennio di guerre in Oriente sono arrivati alla conclusione che occupare il territorio non serve a granché.
La stessa conclusione l’hanno raggiunta i cinesi che da 20 anni hanno iniziato una grande guerra di conquista commerciale in oriente, in occidente, in Africa e in sud America. Qualche Natale fa ho comprato on line un giocattolo non costoso per il regalo da fare a un nipotino. Mi sono accorto che è arrivato direttamente dalla Cina. Questa è la vera guerra del futuro, invadere i mercati e far sognare tutti.
Possiamo dire dunque che Putin in ogni caso non sarà il vincitore di questa guerra seppure si impossessasse di un po’ di territorio. Ma anche questo oggi sembra in discussione.
Forse questa vicenda offre un insegnamento anche a noi. Il conflitto che si svolge oggi in tutto il mondo mira alla conquista di beni di consumo. Ma possiamo anche aggiungere che è una guerra che mira a conquistare, oltre che i beni, il benessere.
I beni concreti, il lavoro, le case, i vestiti, i computer, … sembrano passare in secondo piano di fronte a un bene meno visibile e che attiene più all’immaginario che al materiale. E cioè il sentire di stare bene, il vivere e il sentire la pace e l’accoglienza, il vivere e il sentire di far parte dell’immenso concerto della vita. C’è ormai una grande ricerca di questo bene. Esso sarà in futuro quello più appetibile dal momento che (forse) gli automi ci risparmieranno il duro lavoro di guadagnare e comprare i beni per la sopravvivenza.
Il prosperare di un mercato dei manuali del benessere e di tante professioni che a questo si dedicano ci dicono che probabilmente ciò che più di ogni cosa brameremo in futuro sarà proprio il benessere emotivo.
E in questa guerra anche noi del Festival delle Emozioni combattiamo una piccola battaglia in un remoto angolo dell’occidente dove un giorno l’imperialismo romano cominciò la sua guerra per la conquista del mondo allora conosciuto.