Come Socrate, più di Socrate!
Chi siamo? Come amiamo, come ci arrabbiamo, come proviamo paura…
– presentazione della striscia di eventi del Festival dal titolo “Intervista con io” –
Del Prof. Giuseppe Musilli
Quando Socrate era ancora giovane, ma già si avviava a diventare il maestro che poi divenne, ad Atene imperversavano i filosofi sofisti. Il principe dei sofisti era Gorgia, che pur non essendo ateniese, ad Atene aveva fatto fortuna. Girava per la città con al seguito un gran numero di giovani e nei suoi lunghi monologhi prima dimostrava che la verità è bianca, e poi che può essere nera, oppure addirittura grigia. Era così brillante da affascinare tutti. Il giovane Socrate con un paio di amici ascoltava ammirato. Alla fine un giorno fece a Gorgia la domanda delle domande: “Gorgia, dicci chi sei!”. La risposta non si conosce.
Socrate fece la domanda che avrebbe continuato a fare per tutta la vita. Prima di conoscere tutto il resto cerca di conoscere te stesso. Ciò che una volta aveva detto l’oracolo di Delfi: “Conosci te stesso!” era diventato il programma della sua vita e della sua filosofia.
Noi del Festival dell’emozioni in qualche modo siamo socratici. Conoscere se stessi è una delle nostre priorità. Noi, a dire il vero, facciamo un passo in più di Socrate. Offriamo una specificazione che riteniamo fondamentale. Noi riteniamo che sia assolutamente necessario conoscere il “se stesso emotivo”.
Per il Festival dell’emozioni di quest’anno abbiamo organizzato tre incontri allo scopo di approfondire la qualità emotiva della nostra identità.
C’è una cosa che abbiamo tutti, che è solo nostra, che è anche la cosa più complicata da definire o da raccontare, ed è la nostra identità. Cioè chi siamo, il nostro io, il sé; se volete si può chiamare anche il self. Molti la chiamano la coscienza, altri la consapevolezza.
Insomma quello che siamo. Ma anche quello che pensiamo di essere, quello che crediamo di essere, quello che ci raccontiamo di essere.
Nelle neuroscienze questa cosa si chiama la coscienza ed è il campo di investigazione più complicato e più difficile che ci sia. E che ancora non ha raggiunto risultati consolidati e accettati da tutti.
Se le neuroscienze non ci aiutano forse ci possono aiutare le teorie psicologiche. Quelle teorie cioè che nel mondo moderno hanno cominciato a viaggiare fra noi dai lavori di Sigmund Freud. E poi tutte le teorie derivate da Freud o nate come correzione o come contrapposizione alla sua teoria.
Vediamo se possiamo fare un po’ di chiarezza.
Per tutta la storia del pensiero a cominciare dai greci, per passare ai romani e per giungere poi alla filosofia medievale e a quella moderna si è ritenuto che il nostro io fosse un io razionale e che dovesse impegnarsi in particolar modo per contenere e sistemare le passioni. Le passioni sono il vecchio nome delle emozioni.
Basta ricordare il nostro amico Cartesio che conosciamo tutti quanti e che in una frase indimenticabile ha definito perfettamente quel modo di intendere l’io: “Penso dunque sono”. Cioè per dirla con semplicità: io sono il mio pensiero. La mia identità coincide con il mio pensare. E intendeva dire con il mio pensare razionale, cognitivo.
Ma tutte le teorie moderne in qualche modo hanno contestato questa visione chiara, ma semplificatoria. Il nostro io è un insieme di pensieri e di emozioni. E cioè i pensieri sono emotivi e le emozioni si esprimono in pensieri.
In particolare: alcuni psicologi moderni hanno chiarito, seguendo la lezione di Darwin e del darwinismo, che le emozioni hanno origine con gli animali, sono la loro difesa, sono il modo che hanno di interpretare il mondo per sopravvivere. Il pensiero è giunto molto dopo quando gli uomini hanno cominciato a parlare. La razionalità è una cosa tipicamente umana, molto recente, generata sulla superficie di un grande oceano emotivo e molto dipendente da esso.
Pertanto, questa è l’impostazione del nostro Festival: le emozioni sono più importanti dei pensieri. La nostra identità è un’identità prevalentemente emotiva. E allo scopo di raggiungere un maggiore Benessere la regolazione delle emozioni è molto più importante dell’accuratezza dei pensieri.
Queste cose l’abbiamo dette molte volte e nel dirle siamo stati in grande compagnia. Abbiamo citato Damasio, Panksep, Ledoux, Guidano ed altri.
Quello che vogliamo fare di nuovo in questa striscia di conferenze che proponiamo nel Festival di quest’anno è approfondire questa realtà emotiva. Pensiamo che lo studioso che l’abbia approfondita con maggiore chiarezza e maggior successo sia uno psicologo italiano che ha fondato una scuola di psicoterapia e che ha dato l’impulso a tutto il cognitivismo italiano facendolo diventare quello che poi è diventato il post-razionalismo italiano. Quest’uomo è Vittorio Guidano, ricercatore, professore universitario, psicoterapeuta, morto nel 1999.
La sua teoria riunisce varie teorie e varie ricerche. In primo luogo la teoria dell’attaccamento; l’attaccamento infantile è un attaccamento del tutto emotivo. Nei primi anni di vita c’è una relazione esclusivamente emotiva fra il bambino e sua madre e in questa relazione si formano le prime emozioni che fanno parte della nostra identità. In gran parte prendiamo a modello le emozioni della nostra figura di riferimento, per un’altra parte “scegliamo” le nostre emozioni di fondo articolandole o contrapponendole alle emozioni della nostra figura di riferimento.
Quando, più avanti nella nostra vita, sorgeranno i pensieri razionali, essi saranno in qualche modo generati, o diretti, o influenzati dalla nostra emozione di fondo che si è formata in questa unione profonda, inconsapevole e durevole con nostra madre o con il nostro/la nostra figura di riferimento.
Se partiamo da questo punto importante allora il resto possiamo declinarlo con grande facilità. E Guidano sostiene che le identità emotive non sono poi così tante. La ricerca è aperta. Lui ne ha identificate sostanzialmente 4; più una che potrebbe essere un misto delle quattro precedenti.
Noi vogliamo esplorare questa realtà.
Chiarendo però che nella storia psicologica di ognuno non c’è nulla di definito, o predefinito o scritto per sempre. Ogni cosa è un processo, ogni cosa ha la possibilità di prendere strade diverse; la scelta di ognuno è un elemento fondamentale della nostra vita. Ma è molto importante sapere il nostro orientamento emotivo di fondo. Questo orientamento emotivo (alcuni lo chiamano tratto emotivo, che si distingue dagli episodi emotivi) non può essere cambiato perché altrimenti noi non esisteremmo come identità, ma può essere sistemato, regolato, reso flessibile e sostenibile.
Questa nostra identità prevalentemente emotiva definisce il modo in cui facciamo molte cose. Per esempio definisce all’incirca come si formano e come si sviluppano le nostre storie d’amore e anche le modalità in cui tali storie terminano. Definisce il modo e il perché ci arrabbiamo. La rabbia è una emozione molto importante e sapere con cosa abbiamo a che fare è dunque molto importante.
Infine il nostro io abita nel nostro corpo e questa fusione comporta regole e modalità di vivere di primaria importanza per noi. Il corpo è la prima frontiera delle emozioni e dell’io.
Ecco dunque gli eventi che presenteremo:
1/10, ore18.00, Scuola Fiorini via Roma 117: Marina Pompei. Il corpo come prima linea dell’io, delle emozioni e del pensiero. La via del corpo per affrontare ansie e paure.
Marina Pompei ci guida ancora nei tortuosi cunicoli delle nostre ansie e delle nostre paure soprattutto nell’attuale periodo di pandemia. Il nostro corpo è la frontiera che per primo avvista il nemico, ma è anche lo strumento migliore per migliorare il nostro Benessere. Marina Pompei e una psicoterapeuta junghiana di grande esperienza.
2/10, ore18.00, Scuola Fiorini via Roma 117: Gianni Cutolo e Maria Bevilacqua: Di che cosa parliamo quando parliamo d’amore. Come l’attaccamento ci orienta nel modo con cui amiamo: analisi di quattro modalità di stile affettivo.
Riflessioni sull’amore: il nostro sogno e il nostro cruccio. Amiamo in modi diversi e possiamo ricevere più appagamento dalle nostre storie se scopriamo il nostro modo di amare.
3/10, ore18.00, Scuola Fiorini via Roma 117: Gianni Cutolo e Maria Bevilacqua. “Castelli di rabbia “. Come si costruisce e si può regolare l’espressione della rabbia. Litigi e rancori possono torturare la nostra vita. Come nascono? Come sistemarli?
Gianni Cutolo è stato Primario del dipartimento di salute mentale, allievo di Guidano e curatore di alcuni sui scritti. Paola Bevilacqua è una psicoterapeuta postrazionalista.