Il quotidiano la Repubblica da alcuni anni organizza un festival delle idee. Si chiama “La Repubblica delle idee” e si svolge in alcune città italiane con la partecipazione di molti ospiti di grande rilevanza sia nazionali che internazionali e con un afflusso di pubblico notevolissimo.
Il festival delle idee è, diciamolo, una grande idea. Lo apprezziamo incondizionatamente. Il fatto che lo promuova un giornale non ci disturba minimamente. C’è una visione in chi ha organizzato questo progetto che non limita la funzione di un giornale a raccontare le cose, ma anche a sollecitare tutti noi ad una coscienza civica più partecipante e più adulta.
Mi è venuto spontaneo di collegare il “Festival delle idee” di Repubblica al “Festival delle emozioni” che organizziamo a Terracina quando Walter Veltroni ha fatto riferimento al Festival delle idee parlando del suo bel documentario dal titolo “Lezioni di felicità”.
Ho pensato che Veltroni in un mondo perfetto sarebbe dovuto venire a parlare di “Lezione di felicità” al nostro Festival delle emozioni e non al Festival delle idee. (A dir la verità noi lo l’abbiamo pur invitato un paio di anni fa, ma lui giustamente ha declinato; e da lì abbiamo capito che il mondo è imperfetto. Ci rendiamo del resto conto che un mondo perfetto sarebbe di una noia mortale e che ci eviterebbe delle belle frustrazioni; le quali, se ben regolate, ci aiutano a crescere.)
Il nostro Festival delle emozioni è piccolo e soprattutto sconosciuto.
Noi comunque ne siamo orgogliosi.
Il festival vuol essere una riflessione su un oggetto che, diciamolo con buona pace di Repubblica, ci sembra più importante delle idee. Il nostro punto di partenza è l’esposizione riassuntiva di Antonio Damasio: “Noi non siamo macchine pensanti che si emozionano, noi siamo macchine emotive che pensano”. (“L’errore di Cartesio”. Adelphi, 1994).
Da questa frase riassuntiva si possono dedurre due cose: e cioè che le emozioni vengono prima dei pensieri e delle idee. Prima in ordine di tempo e prima in ordine di importanza. La seconda deduzione è che le idee hanno in sé una parte emotiva. Le idee sono pensate da un soggetto emotivo e sono quindi impastate di emozioni. Ciò comporta che “pensare” e “sentire” siano un’operazione tendenzialmente unica, ma differenziabile; e soprattutto comporta che per “pensare bene” è necessario “sentire bene”. (Queste cose che andiamo affermando in un modo piuttosto spiccio possono essere approfondite nei libri e nelle ricerche di Antonio Damasio, Joseph Le Doux, Jak Panksepp, Daniel Hills, …)
Ora noi del “Festival delle emozioni” crediamo di non avere (e che non avremo in futuro) la potenza di fuoco del carro armato di Repubblica, a cui facciamo i nostri migliori auguri. Ma pensiamo di avere una piccola opportunità nascosta, e ciò per il fatto che siamo convinti, come abbiamo detto, che le persone per “pensare bene” debbano “sentire bene”.
Questo è ciò che crediamo e questo in realtà avviene: affinché le persone cambino idee non è sufficiente fornirgli idee diverse e/o più giuste, ma è necessario farle sentire diverse, regolando le loro emozioni.
Ecco cari amici di Repubblica il nostro oggetto di riflessione che speriamo di far diventare un grande progetto. Grande progetto è una cosa più semplice a dirsi che a farsi, ma ritenendo di avere un punto di partenza più congruo, noi pensiamo di non sprecare troppe munizioni. Pensiamo cioè di mirare nella direzione giusta. Del resto anche voi potete aggiustare il tiro.
Ad maiora.
Prof. Giuseppe Musilli